Di solito prima di scrivere la recensione di un libro aspetto di far sedimentare la lettura, prendo le distanze dal sommovimento emotivo che mi ha causato, tento, per deformazione professionale, di guardarlo con occhio critico. Questa volta però faccio un'eccezione e voglio scrivere di getto, a meno di mezz'ora dalla fine dell'ultima riga, qualche parola e qualche impressione sul libro di Jonathan Coe L'amore non guasta.
Quando ho preso il volume fra le mani, pochi giorni fa in una libreria cittadina, e ho letto la quarta di copertina, ho pensato che non potevo esimermi dal comprarlo: il libro mi parlava, come se si fosse trattato di un incontro casuale fra due futuri amici.
Si direbbe che per Jonathan Coe il momento in cui si decide il destino di un individuo non sono i primi anni di vita, come suggerisce la psicoanalisi, ma quella sconfinata adolescenza e quel perpetuo fuoricorso che cominciano subito dopo aver lasciato il liceo e la famiglia e che corrispondono al vegetare dentro il calore debole ma protettivo di un'università di provincia, seguendo la trafila delle sessioni, degli esami, della laurea, di una tesi di dottorato sempre da scrivere e mai scritta.
Nel giro di pochissime pagine la prosa asciutta e ruvida di Coe mi ha conquistata. Il suo modo di puntare all'essenziale, senza fronzoli e senza digressioni- in sè molto lontano dallo stile che tendo a prediligere- mi ha tenuta incollata alla pagine in una lettura ingenua e "tutta d'un fiato" che non praticavo da diverso tempo. La storia è semplice, scarna se si vuole: un intreccio di differenti vicende biografiche che ruotano tutte attorno al personaggio principale, Robin, dottorando senza tesi, bloccato in uno stato di perpetuo blocco dello scrittore. Un inetto a vivere circondato da tanti altri inetti, alcuni dei quali palesi, come il compagno di discussioni accademiche Hugh o la studentessa indiana Aparna, altri falsamente "arrivati", trincerati nelle loro sicurezze famigliari e lavorative, incapaci di vedere oltre la loro limitante prospettiva, come Tom, ex compagno di studi del protagonista. Il romanzo si sviluppa su più piani e con un continuo scambio di narratori e punti di vista. Nel primo capitolo entriamo in punta di piedi nella vicenda attraverso gli occhi di Tom, per poi spostarci su Robin ed infine su Hugh e Aparna. Questi momenti di narrazione diretta sono intervallati da brevi racconti, scritti da Robin, che hanno con la vicenda principale un preciso e palese nesso biografico. Piccoli inserti perfettamente incastonati nel piano complessivo.
Eccezionale, per la profondità di analisi sul tema dell'amicizia, dell'amore e dei rapporti interpersonali, il racconto La lite degli innamorati, che ritengo avrebbe potuto essere uno splendido canovaccio per una narrazione autonoma.
Forse però la bellezza di questo romanzo risiede proprio nei mille spunti proposti, nel non indugiare troppo su una tematica, ma offrire piuttosto una variegata casistica grazie alla quale il lettore può farsi una sua idea sul tema chiave della vicenda che, a dispetto del titolo, non è unicamente l'amore o almeno non l'amore quale siamo soliti pensare comunemente.
Sono diverse infatti le situazioni di amore erotico, espresso o inespresso, nella storia. Tutte, inevitabilmente, tendono a finire male. Soltanto del matrimonio fra Tom e sua moglie non sappiamo nulla. Su questa donna, oggetto di tanto amore e motivo di tante riflessioni, l'autore ci dichiara di non voler spendere una sola parola. Eppure, ci stuzzica sadicamente, sarebbe stato molto interessante. Tornando all'amore, vediamo qui espresse tutte le difficoltà possibili di definizione di un rapporto: amici, innamorati, amanti, colleghi si mescolano e confondono in una reale impossibilità di definizione pregnante.
Di fondo resta un'aura cupa di solitudine e incomunicabilità che non abbandona mai il lettore. Forse l'esistenza è fatta unicamente di pensieri inespressi (come la tesi mai scritta di Robin), destinati a causare dolore e sofferenza, quando, a fronte di un dialogo onesto, potrebbero portare amore e vicinanza fra gl'individui. Le parole però non escono dalla bocca dei personaggi- per tutto il libro scivoliamo unicamente fra i loro pensieri- e quando lo fanno stridono causando incomprensioni e riaprendo ferite.
Forse per capire fino in fondo questo libro sarebbe davvero necessaria una lettura plurima, concentrata, attenta ai dettagli e magari annotata. Per ora mi limito a consigliarvelo, come un piccolo capolavoro d'introspezione collettiva delle mille sfumature legate all'umano sentire amore.
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