lunedì 27 giugno 2011

Never trust a pretty girl with an ugly secret ovvero su come non posso più fare a meno di Pretty Little Liars.

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L’estate è la stagione delle vacanze ed è per questo che generalmente quando accendiamo la televisione in Italia troviamo una marea di repliche. Negli Stati Uniti durante la stagione calda vengono proposte quelle serie che non hanno trovato spazio nella programmazione invernale.
L’anno scorso la Abc family ha risollevato i nostri spiriti annoiati con un piccolo gioiellino di trashiume che si chiama Pretty little liars. PLL, come lo chiameremo d’ora in poi, tratto dall’omonima serie di libri scritta da Sara Shepard è un mix tra giallo e teen drama.
Le protagoniste sono quattro ragazze: Hanna, Aria, Spencer e Emily. Il gruppo di amiche si scioglie quando la loro leader, Alison, scompare misteriosamente. Un anno dopo, dopo la scoperta del corpo dell’adolescente, le quattro cominciano a ricevere strani messaggi da una fonte anonima che si firma A. e minaccia di rivelare i segreti di cui solo Alison era a conoscenza. Le giovani hanno non poco da nascondere: Aria ha una relazione con il suo professore, Hanna va in giro a negozi a rubare, Spencer ruba tutti i fidanzati alla sorella maggiore e Emily che non è nuova alle relazioni saffiche.
Tutto questo è ambientato in un universo dove il più grande gesto d’amore che si può fare per una ragazza è tagliarsi i capelli e nel quale se si hanno due ciuffi rosa si è considerati alternativi e disapprovati dalla brava gente del posto. Ovviamente in un a città del genere una ragazza si può chiamare Mona, organizzare un camp Mona per il suo compleanno e rendere felici molti ragazzi.
Durante l’arco della storia si susseguono colpi di scena a non finire e i metodi di A. per spaventare e manipolare le fanciulle crescono di creatività e originalità di puntata in puntata. Ma la cose più trash dell’intera serie è sicuramente la fotografia curata da Dana Gonzales, il Duccio Patanè americano. Per chi non fosse familiare con il lavoro di questo grandissimo fotografo, spieghiamo cosa vuol dire: luci aperte al massimo, flashback in cui il colore predominante è il giallastro, scena piatta insomma una fotografia alla “cazzo di cane”.
Ma nel minestrone di trash che è c’è un tema che non viene trattato superficialmente: la sessualità femminile.
Innanzitutto parliamo del mio personaggio preferito: Hanna. La ragazza con un passato da “sfigata” è riuscita a conquistare la vetta della piramide sociale scolastica. Per questo motivo il suo ragazzo è il classico campione sportivo. Classico per modo di dire, perché al contrario di tutti i normali adolescenti vuole aspettare il matrimonio per concedersi alla sua amante.
Al contrario la mia beniamina vuole consumare la sacra unione subito e quasi “stupra” il suo ragazzo. Finalmente una serie dove non è la donna che si fa problemi per la prima volta, ma l'uomo. Però il motivo per cui stimo tantissimo questa ragazza è che ha abbastanza rispetto per se stessa per portare con sé un preservativo. Anche più avanti nella serie, quando finalmente arriverà la sospirata prima volta, Hanna si dimostra intelligente e chiede al suo compagno se ha un preservativo.
Un’altra faccia della sessualità al femminile viene esplorata tramite Emily, anche lei fidanzata con uno sportivo della scuola. Fin dall’inizio si nota il suo disagio nelle situazioni d’intimità con il ragazzo. Quando una nuova giovinetta si trasferisce nel vicinato (nota trash: la tipa interpreta adolescenti da ormai 15 anni, la potete trovare anche in my so-called life, Dawson’s creek e Buffy), Emily intraprende con lei quella che non è solo una semplice amicizia. Dopo un lungo periodo di confusione, Emily riesce ad accettarsi e a fare coming out ai suoi genitori. Più in là nella storia la nostra protagonista, grazie alla sicurezza ritrovata, riuscirà ad essere d’aiuto a un’altra ragazza che si trova nella stessa situazione.
Questa storyline è particolarmente importante perchè in essa non solo si affronta l'omosessualità in modo molto onesto, ma si racconta anche l'omosessualità vissuta dalle minoranze.

La sigla è in sintonia con lo stile della serie, anche qui immagini smarmellatissime in cui le quattro ragazze preparano quella che è il cadavere-bambola di Alison. La canzone è scritta e interpretata dal duo folk The pierces e si intitola Secret. Parla, non a caso, di segreti da portare nella tomba.

venerdì 24 giugno 2011

La linea sottile dell'ipocrisia: il caso della pillola dei "cinque giorni dopo"

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Nelle scorse settimane si è tornato a parlare dell'eterna questione morale dei contraccettivi d'emergenza: la decisione di mettere in commercio anche in Italia la cosiddetta pillola dei 5 giorni dopo ha, com'era prevedibile, scatenato un putiferio. Sul web si sono rincorsi articoli ed interventi che hanno spesso assunto un tono da santa inquisizione, ma di che cosa si tratta veramente? Ella One, questo il nome del farmaco incriminato, è una pillola a base di unipristal acetato: agisce, solo se assunta entro 5 giorni al rapporto a rischio, come contraccettivo d'emergenza. Il principio attivo impedisce l'azione del progesterone, inibendo l'ovulazione e creando alterazioni nella parete uterina. Non si tratta di un farmaco abortivo, e per questo non è equiparabile alla RU-486; i sostenitori della tesi secondo la quale Ella One causerebbe l'aborto affermano che il fatto stesso che si renda necessario un test precoce di gravidanza prima dell'utilizzo della pillola sia indice delle sue capacità abortive. Tuttavia le motivazioni alla base di tale indicazione sono legate ai possibili effetti che il farmaco avrebbe sul feto in caso d'instaurata gravidanza: precauzioni che vengono prese anche rispetto a molti altri farmaci, nessuno dei quali a scopo abortivo. E allora quali sono le differenze rispetto alla normale pillola del giorno dopo? Semplice, il solo fatto che Ella One può essere efficace fino a 5 giorni dopo il rapporto, un dato di non poco conto in un paese come l'Italia dove trovare un medico che prescriva questo farmaco è una vera e propria

odissea. Tutto qui? Tutto qui e, mi viene da dire, proprio qui casca l'asino, perché in Italia si gioca ancora, con grande facilità, sulla pelle delle donne. Questioni politiche e morali, spesso legate al semplice "braccio di ferro nell'esercizio del potere", finiscono per giocarsi sul campo di battaglia sbagliato. Nel nostro paese i temi della contraccezione sono veri e propri tabù e siamo attestati nelle ultime posizioni della classifica europea in ambito di sessualità consapevole. Secondo il rapporto dell'Osservatorio nazionale sulle abitudini sessuali e le scelte consapevoli il 53% delle donne italiane mostrerebbe una mancata volontà di uso dei contraccettivi, il 38% un'errata conoscenza ed utilizzo di tali metodi e solo lo 0,3% delle donne al di sotto dei 19 anni avrebbe una buona educazione sessuale. Non stupisce. A scuola, la nostra povera e martoriata scuola, le ore di educazione sessuale sono un "di più" spesso affidato non ad esperti, ma al buon cuore di qualche volonteroso professore di scienze e vengono realizzate, quando questo avviene, solo tardivamente. Una ragazza su 5 infatti ha già avuto rapporti sessuali prima dei 15 anni: l'ora di educazione sessuale in prima superiore è dunque spesso da considerarsi retroattiva.
I più giovani cercano informazioni sul web, incappando spesso in siti che affermano tutto ed il contrario di tutto. Se si vanno ad esaminare alcune delle domande poste su uno dei più importanti, e più utilizzati dai giovanissimi, motori di ricerca, Yahoo answer, alla voce "Salute della donna", ci si potrà fare un'idea di quale confusione regni nella mente dei ragazzi sul tema sesso e contraccezione. Dal mito della pillola che "fa ingrassare" a quello dell'efficacia del coito interrotto. Dal corretto utilizzo del preservativo alla possibilità o meno di fare il bagno in mare durante il ciclo mestruale. Domande a cui dovrebbero essere date semplici e chiare risposte da persone competenti, ma questo non avviene. Perché? Le risposte possono essere tante, ma viene il dubbio che ancora sia viva nel nostro paese la mentalità secondo la quale il sesso è qualcosa di sporco e "sbagliato" quando non esercitato all'interno di un rapporto sancito. Il sesso si fa, ma non se ne deve parlare e tantomeno si deve rendere la vita "più facile" ai giovani dando loro informazioni corrette. Ovviamente i ragazzi, informati o meno, fanno sesso e spesso questo porta a situazioni di rischio che potrebbero essere facilmente arginate con un intervento educativo minimale. Si continua invece a pensare che l'ignoranza funga da deterrente. Un'altra questione appare chiara: la difficoltà nel ricevere aiuto anche qualora si voglia effettivamente agire in modo responsabile, il che vuol dire, in alcuni casi, anche non "fare finta di nulla" ma cercare di ricorrere alla contraccezione d'emergenza. Troppi ospedali rifiutano la prescrizione della pillola del giorno dopo ed i ritardi spesso rendono inefficace questo strumento costringendo, in alcuni casi, ad un successivo aborto. Anche qui si pensa che la non prescrizione funga da deterrente: "Hai voluto fare sesso e qualcosa è andato storto? Ora ne paghi le conseguenze. Dovevi agire in modo responsabile". Ovviamente questo "pedaggio" è a solo appannaggio della donna, che si vede costretta a peregrinazioni, disagi e spesso mortificazioni. Che cosa si dovrebbe fare allora? Prima di tutto informare e farlo fin dalla più giovane età. E' meglio insegnare l'uso del preservativo, accompagnare la figlia in consultorio per la prescrizione della pillola, del cerotto o dell'anello, educare al rispetto di se stessi e offrire una visione del sesso come qualcosa di bello e anche divertente, ma che va però praticato con la testa. E' meglio, in caso di fallimento dei metodi contraccettivi, far sì che ogni ospedale prescriva la pillola del giorno dopo impedendo, in questo frangente, l'obiezione di coscienza che in questo caso rappresenta un vero e proprio assurdo (cosa diremmo se un medico non ci prescrivesse l'antibiotico per obiezione di coscienza?). E' meglio avere un margine di tempo maggiore con la messa in commercio della pillola dei 5 giorni dopo. E' meglio, in fondo, tenere più in considerazione la salute fisica e psichica delle donne e meno astratte e alquanto nebulose questioni morali.

mercoledì 22 giugno 2011

I LIKE YOU SO MUCH BETTER WHEN YOU'RE NAKED PRESENTS: Ludwig Feuerbach

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Questa è una nuova rubrica, ed è anche probabilmente la più imbarazzante di Soft Revolution. "I like you so much better when you're naked" esplorerà le cotte deliranti/ridicole che abbiamo avuto nel passato - perché neanche quelle potevano essere normali.

C'è chi a diciassette anni era innamorata di Brad Pitt. Poi c'è chi, come me, in quinta superiore si prendeva una cotta per un filosofo morto nel 1872.

Ludwig Feuerbach e la sua barba erano oggetto dei miei sogni proibiti nel periodo della maturità. Il mio cervellino fuso dallo studio prendeva di nuovo vita solo ad accennare alla sinistra hegeliana; quando qualcuno mi parlava dell'ateismo filosofico, rischiavo un arresto cardiaco.

Non ricordo esattamente da dove sia nata la passione per il buon Ludwig.
Alla fine della quinta ero un'anticattolica imbizzarrita, quindi particolarmente propensa ad innamorarmi di un vecchio con una teoria molto complessa su come l'uomo si fosse inventato Dio. “Porre alcunché in Dio, o derivare alcunché da Dio, null'altro significa che sottrarlo al controllo della ragione, significa porre alcunché come indubitabile, come inviolabile, come santo, senza volerne spiegare il perché.”
Forse, molto più semplicemente, potrebbe essere stato il fatto che anche lui odiava quell'infame di Hegel.

Quando dico che avevo un cotta, intendo proprio una cosa seria. Ci sono ex compagne che ancora mi prendono in giro per la mia famosa esclamazione “Oh Ludwig, io e te tre metri sopra l’iperuranio!”, pronunciata in classe ad un volume spropositato, mentre una mia amica veniva interrogata proprio su Feuerbach e prendeva l'ultimo 4½ della sua carriera scolastica.

Una mia cara amica mi fece questo mentre studiavo per l'orale e non facevo altro che parlare di quanto Lud fosse fantastico:



Feuerbach ha anche avuto una vita personale piuttosto travagliata. Citando dalla sempre affidabile Wikipedia:

“Una relazione con Johanna Kapp, figlia dell’amico filosofo Christian, provocò una burrasca familiare, mentre il fallimento della fabbrica di porcellane significò la perdita di tutte le proprietà della moglie e costrinse Feuerbach a trasferirsi con la famiglia, nel 1861, nel borgo di Rechenberg, vicino a Norimberga, in condizioni di estrema povertà, alla quale cercarono di porre qualche rimedio gli amici e il Partito socialdemocratico dei lavoratori, al quale aveva aderito.”

Più di tutti i filosofi, Ludwig soddisfava il mio feticcio per le barbe, il mio fanatismo antireligioso, il mio bisogno di cazzate.
A diciotto anni non facevo le bave per Johnny Depp: io abbracciavo il mio libro di filosofia e languivo per Ludwig Andreas Feuerbach, anni 204, filosofo, rovinafamiglie, ma sopratutto odiatore di Hegel.

lunedì 20 giugno 2011

Grassroots Internet Revolution

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- Femininity and the Proposed Badminton Dress Code su Sociological Images.

- Per le fan di Gilmore Girls: il nuovo post della serie Pop Pedestal di Bitch Media è dedicato al personaggio di Sookie St. James.

- La nuova campagna di Greenpeace contro Mattel ha un che di sessista. L'analisi di Giovanna Cosenza.

- Sulla variabilità del fenomeno dello street harassment, tanto a caro agli italiani.

- Questo post ha già avuto la sua settimana di popolarità su Facebook, ma voi ve lo segnaliamo lo stesso, nel caso in cui ve lo foste persi/e: Fare ricerca sulla storia femminile nuoce alla carriera su La ventisettesima ora.

- Qualche riflessione sui nuovi dati relativi all'occupazione femminile (dal rapporto Istat 2010).

Con relativo post di Gwen Sharp.

giovedì 16 giugno 2011

Queneau a fumetti: la storia di Zazie e della sua voglia di metró

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Cosa succede quando una ragazzina viene affidata per qualche giorno allo zio (che vive a Parigi), mentre la madre è via col fidanzato, e l’unica cosa che le interessa fare una volta arrivata nella capitale è vedere il metró? Succede che il beneamato treno sotterraneo non lo riesce a vedere, ovvio. Queneau non ci vuol mica accontentare subito. Niente metró per Zazie: c’è sciopero. La ragazzina (non ancora adolescente, ma lì lì per diventarlo), neanche a dirlo, dà di matto e inizia a vagare per la città, sciorinando commenti indispettiti addosso a chiunque. Vista da qui, Zazie potrebbe sembrare una normalissima (e fastidiosissima) bambinetta pestifera (e per certi versi lo è davvero), ma una parte di lei è ribelle e rispondona* nell’accezione più eroica del caso: la fillette fissata col metró (si vedrà poi) è impavida e ostinatamente curiosa. L’ eroina letteraria perfetta, ecco.
Raymond Queneau scrive “Zazie nel metrò” (Zazie dans le metró) nel 1959. Il romanzo, diventato poi un classico della letteratura francese, viene portato sul grande schermo da Louis Malle praticamente subito dopo l’uscita, nel 1960. Più di recente, nel 2008, il fumettista Clément Oubrerie (premiato al Festival di Angouleme nel 2006, per l’opera Aya de Yopougon, realizzata con Marguerite Abouet) ne ha fatto un graphic novel, che in Italia è stato pubblicato quest’anno nella nuova traduzione di Viola Cagninelli (con tanto di brillante prefazione curata da Stefano Bartezzaghi).

martedì 14 giugno 2011

Ciao, sono Shiga Toxin-producing Escherichia Coli, il batterio killer!

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Stiamo per morire. Almeno a giudicare dai media, è in arrivo l’ennesimo batterio distruttore di genti-neanche fosse la Guerra dei Mondi, dico io- pronto a fare cataste di vittime, esattamente come la SARS, il virus H1N1 o l’influenza suina – ah no, scusate, quelle non hanno fatto stragi. Ma non si sa mai, meglio prevenire che curare! Aspettiamo quindi con trepidazione il vaccino che prenderemo a tonnellate di dosi (inutili). Ah si, sempre che capiamo dov’è che si trova esattamente, il cattivissimo batterio killer!
Allora, all’inizio era certo che fosse sulla buccia dei cetrioli. Poi l’allarme è passato anche ai pomodori. Poi alla carne cruda. Poi ai germogli di soia e al latte non pastorizzato. Poi si è scoperto che era uno scherzone e che in nessuno di questi alimenti c’era il micidiale batterio killer - d’ora in poi BK- e che per il momento è un po’ come Padre Pio, è dappertutto e da nessuna parte.
E quindi come fare per non essere contagiati dal malefico BK? Un team di scienziati ha elaborato le seguenti linee guida: lavare la frutta e la verdura con l’acqua, cuocere la carne e non mangiarla cruda, lavarsi le mani prima dei pasti e dopo aver toccato gli animali. Per fortuna l'hanno detto, altrimenti dopo essermi rotolata per terra con il mio cane andavo a mangiarmi la carne cruda, condita di insalata piena di terra e appena strappata dall’orto. C’è mancato un pelo eh.
Nel caso in cui queste vitali informazioni vi giungano un po' in ritardo e abbiate appena completato un pasto a base di carne fresca e non cotta con un paio di cetrioli presi direttamente da Madre Natura, i sintomi sono gli stessi della gastroenterite. Magari vi potrebbe suonare un campanello d'allarme se vedete sangue nelle feci, avete febbre, vomito, dolori all'addome, vi collassano i reni e ci sono danni celebrali (ampiamente verificabili stando comodamente a casa). Poi morite e a quel punto potete essere certi che era quel burlone del BK!
Ma non solo il BK è subdolo, è pure sessista! Infatti la maggior parte delle persone colpite (il 68%, a quanto pare) sono donne. Il team geniale ha teorizzato che magari è perché passano più tempo degli uomini in cucina e perché mangiano più insalata. Sexual equality at home saves lives! E anche il McDonald qualche volta, quindi bandite l’insalata per una settimana o due; poi vi servirà seriamente un buon nutrizionista, però almeno sarete vive.

giovedì 9 giugno 2011

My So-Called Books: Annie on my Mind di Nancy Garden

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Vorrei poter raccogliere il tempo necessario per esplorare la sezione ragazzi di una biblioteca italiana qualsiasi, vedere cosa offre il panorama YA della nostra penisola, cosa c'è e cosa non c'è, quali categorie di personaggi sono adeguatamente rappresentate e quali invece compaiono solo sporadicamente.
Vorrei poter farlo perché non mi fido dell'attendibilità dei miei ricordi. I libri per ragazzi che leggevo dieci, dodici anni fa saranno indubbiamente diversi da ciò che si trova oggi in commercio. Almeno questo è quello che mi ripeto, onde evitare il precipizio del pessimismo cosmico, ogni qual volta noto che splendidi best-sellers e long-sellers stranieri non sono mai stati tradotti e pubblicati in Italia.

Vorrei sapere se qualcosa è cambiato dai primi anni zero.
Scorro una lista compilata da Lisa Jervis per Bitch Magazine. Correva l'anno 1998. Il sottotitolo dell'articolo in cui l'ho trovata recita An Annotated Bibliography of the Lesbian Young Adult Novel. Il pezzo consiste nella presentazione di una manciata di libri che, nel bene e nel male, hanno segnato la letteratura per ragazzi americana. Sono tutti romanzi che hanno per protagoniste ragazze o donne lesbiche. Solo uno di essi è stato tradotto in italiano e l'ultima edizione risale al 1997. L'ultimo della lista è Annie on my Mind di Nancy Garden.

Prima di leggere Annie on my Mind ammetto di aver scorso l'intervista all'autrice che si trova nelle ultime pagine del volume. C'era qualche spoiler che avrei potuto evitarmi, ma anche molte informazioni preziose sull'esplorazione del genere e dei più vari orientamenti sessuali nella letteratura per ragazzi odierna negli Stati Uniti. A colpirmi è stata soprattutto la contrapposizione tra la grande varietà di libri e storie disponibili oggi sul mercato e lo stato in cui riversava lo stesso settore trent'anni fa. Nancy Garden racconta come fino a non molto tempo fa si trovassero in commercio solo libri in cui le protagoniste lesbiche arrivavano alla fine del romanzo “convertite” all'eterosessualità, stuprate da qualcuno, tremendamente infelici, ammazzate o casualmente morte in un incidente stradale. A detta dell'autrice, far terminare le storie in questo modo era l'unica strategia possibile per farle pubblicare, poiché un finale in cui la protagonista veniva “punita per i suoi comportamenti amorali” compensava in qualche modo le storie d'amore più o meno esplicite che occupavano il resto della vicenda. Gli editori non erano disposti a correre il rischio di pubblicare romanzi a lieto fine.

mercoledì 8 giugno 2011

Referendum 12-13 giugno, ovvero di cose serie.

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Diario semiserio di una quasi-politica

Del referendum...
Sono settimane che lavoro sul referendum: riunioni, volantinaggi, iniziative, banchetti. Con inaspettato senso civico le persone sembrano essersi risvegliate dal loro consueto torpore e partecipano con entusiasmo, creando ulteriori eventi e stimolando l'attività dei partiti e dei comitati promotori delle votazioni. Non riesco più nemmeno a fare il conto dei ragazzi che, da fuori sede, mi hanno chiesto come fare per votare e si sono fatti iscrivere negli elenchi dei rappresentanti di lista facendosi spedire da casa la tessera elettorale. Ho spiegato la procedura fino allo sfinimento, ma è stata una grande soddisfazione, così com'è una grande soddisfazione quando sono le persone a venire a chiedere brochure e volantini ai banchetti e non tu ad inseguirli vedendoli sgusciare via come si fugge da un lebbroso. E la campagna continua sul web, perché la tv ed i giornali ne parlano poco, troppo poco, dando spesso informazioni errate. La gente però questa volta non si fa fregare: la posta in gioco è troppo alta e non si tratta, come spesso accade di cose che sono sentite come lontane ed appartenenti a sfere dell'esistenza che non ci riguardano. Ci sono però dei casi limite che forniscono tutti i giorni uno spunto d'inattesa ilarità per il volantinatore coatto. E dato che la sottoscritta fa del riso la sua bandiera, perché non condividere questo amaro buon umore con voi?
Sabato pomeriggio, centro città, banchetto per i 4 Si al referendum. Sono in piedi ormai da due ore e la stanchezza alle gambe si fa sentire. Non mi annoio, ma vorrei allontanarmi per andare a strafogarmi di jogurt gelato con la frutta: l'impresa è ardua perché il banchetto è molto frequentato e non ci sono "momenti di fiacca" di cui approfittare per darsi alla macchia. A pochi centimetri di distanza stazionano altri tre ragazzi, promoter di una piscina, con cui ci vediamo ormai da diversi sabati. Ad un certo punto la ragazza più giovane mi si avvicina.
"Hai un momento?"
"Certo" le rispondo. "Vorrei farti una domanda sul referendum, visto che mi sembri dentro le cose" (Beh...direi...sono qui a far radici da un pò...). "Dunque... mi chiedevo... ma perché voi siete contro il nucleare? Insomma, la bolletta scenderebbe e la mia bolletta è molto cara. In un periodo in cui va male per tutti non sarebbe meglio pensare ad abbassare i costi per le famiglie?" Inquadro il soggetto: ragazza che non s'interessa di nessuna tematica legata all'interesse comune, attenta se mai solo al suo orticello. Tento l'approccio tecnico spiegandole che la realizzazione delle centrali costa e che prima che il costo di realizzazione sia ammortizzato le bollette non scenderanno di sicuro. Le spiego che anche la gestione ha un costo, soprattutto per un paese che dovrebbe comunque importare materie prime dall'estero e che non ha le forze necessarie per lo smaltimento dei residui in sicurezza (e che dunque anche qui ricorrerebbe all'aiuto di un paese estero che, giustamente, non si beccherebbe le scorie a gratis). Le spiego che ci sono molte altre fonti energetiche rinnovabili in grado, in un paese ricco di sole come il nostro, ad esempio, o di siti utili per il geotermico, di far fronte alle nostre esigenze senza con questo ricorrere a strumenti il cui controllo e manutenzione sono onerosi e, avanzo la supposizione, non del tutto sicuri in un'Italia, si sa, spesso dedita al "ma si...finché la barca va, lasciala andare...". Annuisce ma continua imperterrita a sostenere che la sua bolletta è troppo alta e che "così non va", meglio provare la strada del nucleare. Votare non serve, sostiene, tanto poi i "politici" fanno comunque quello che vogliono. Tento di spiegarle che non è proprio così. Che se c'è un'espressione di volontà popolare questa è vincolante e che, ad esempio, non è che abbiamo la Repubblica e non la monarchia in base all'aria che tira o al politico di turno. Non mi segue, lo vedo chiaramente. Tento il tutto per tutto con la carta "politico che si rivolge alle pance della gente" e la butto sull'emotivo: "Ma insomma...tu la vorresti una centrale qui a Parma?" . Mi guarda con due occhi enormi e scuote la testa "Ma no, assolutamente! Ma avevano detto che la facevano a Modena!!!". A quel punto scuoto io la testa. Non ho altre carte. Non voglio nemmeno provare a chiederle se sa che, se succedesse qualcosa alla centrale "a Modena" moriremmo tutti nel giro di poco, molto poco. Non le chiedo nemmeno se non pensa che sia semplicistico far venire un accidente ai vicini di casa pur di avere qualche euro in meno in bolletta. Non le chiedo nemmeno se le sembra sensato piazzare una centrale, che in tutti gli altri paesi viene collocata in aree di rapida e facile evacuazione, nella zona più popolosa e fittamente urbanizzata d'Italia. Non le chiedo nulla, perché sarebbe una battaglia persa e sto perdendo tempo. Torno a dare via i miei volantini ridendo di un riso amaro. 57 chilometri, per qualcuno, fanno la differenza.
INFORMIAMO, DIFFONDIAMO, DISCUTIAMO, come fra l'altro ha già fatto, in modo preciso e puntuale, Scimmia Gialla su queste pagine. Perché di questo qualunquismo l'Italia non ha bisogno.

lunedì 6 giugno 2011

Grassroots Internet Revolution

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- Skechers Shape-Ups for Tweens su Sociological Images. Un altro prodotto che ci mancava: le scarpe rassoda-chiappe per bambine.

- #YAsaves, Ignorance Hurts. L'imperitura polemica sulla presunta dannosità della narrativa per ragazzi torna sulle pagine del Wall Street Journal. Quella che vi consigliamo è l'analisi del pezzo incriminato a cura di Deb Jannerson di Bitch Media.

- Un tizio compra uno stock di VHS ad un garage sale e ci trova il finale alternativo del film Election, con una giovanissima Reese Whiterspoon.

- L'ultimo capitolo delle Adventures in Feministory di Bitch è dedicato a Saffo.

- Il matrimonio reale come occasione per parlare del ritorno della figura della principessa nell'immaginario collettivo e nei prodotti per bambine della Disney. L'articolo di Laurie Penny per Internazionale e le illustrazioni denominate The Seven Disney Sins di Chris Hill.

- Scissorhands20th. Sono passati venti anni da quando è uscito Edward mani di forbice. Alcuni illustratori si sono uniti e hanno re-interpretato il film. Nel blog le foto dei loro disegni.

- Fat Hatred as Entertainment su Meloukhia.

- The Edward Cullen Underpants Conundrum. O: dell'oggettificazione di Robert Pattinson.


- Infine, fatevi un favore e guardate questo breve ma intenso filmato in cui Giulia Blasi intervista Eve Ensler, autrice de I monologhi della vagina. Con le sue parole dovrebbero tappezzarci i muri delle scuole.

domenica 5 giugno 2011

It’s not my Crew, It’s my family: MTV America’s Best Dance Crew

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America’s best dance crew rientra nel filone dei programmi di danza che sembra vadano di moda in questo periodo. Attenzione però, so che questo potrebbe farvi rimembrare programmi italiani dove la maggior parte del minutaggio è incentrato su giudici che si urlano addosso. Ma non siamo in Italia, bensì in Ammmerica e questo cambia di non poco le cose.
ABDC è un vero programma di danza. E uno dei pochi programmi di Mtv che vale la pena di guardare. Perché? Perché promuove il talento, il duro lavoro, l’amicizia e soprattutto la danza.
L’ho scoperto per caso una sera di 3 anni fa: ho acceso la tv e sono rimasta incanta da questo:


Seguito da una puntata incentrata sui musical, è già qui sapevo che non me sarei persa una puntata.
Le regole della competizione per conquistare l’ambito titolo di America’s Best Dance Crew sono semplici: ogni settimana viene scelto il tema sul quale i gruppi partecipanti dovranno basare la loro coreografia. Alla fine di ogni puntata il pubblico vota da casa e la settimana dopo le 2 crew con meno voti si fronteggiano. Alla fine sono i giudici a decidere chi dovrà tornare a casa.
Nell’arco di sei stagioni hanno partecipato crew di ogni genere: b-boys, poppers, lockers, cloggers, b-boys che ballano sui pattini, ragazzi che ballano con una corda per saltare, ballerini di danze latino-americane, krumpers. Ed è proprio questo il punto forte di questo programma portare al grande pubblico stili che non si erano mai visti in televisione e ispirare le persone a ballare.
Ogni anno ABDC ci mostra il meglio del meglio, queste sono le crew che ritengo tutti dovrebbero tenere sott’occhio:
- Jabbawockeez: Season1 Winner. Indossano sempre una maschera bianca e i guanti quando ballano in modo che lo spettatore si concentri sui movimenti e non sulla loro fisicità. Best ABDC moment: Apologize.
- Kaba modern: Season 1 contestant. Una delle crew che preferisco in assoluto. Il loro stile si basa soprattutto sulle isolation. Best ABDC moment: Sensual Seduction.
- Fanny pack: Season 2 contestant. Ballano indossando un marsupio (in inglese, appunto, fanny pack) e si ispirano agli anni 80. Best ABDC moment: Touch My Body.
- Quest Crew: Season 3 Winner. Questi ragazzi sono poliedrici. Unisco la comicità al breaking. Best ABDC moment: Toxic.
- Beat Freaks: Season 3 Runner-up. Il primo gruppo completamente femminile a distinguersi in quanto più brave dei ragazzi a ballare break dance. Best ABDC moment: Hot n’ Cold.
- Vogue Evolution: Season 4 contestant. La prima crew a portare il Voguin in televisione.
Best ABDC moment: Deja-vu
- Poreotics: Season 5 Winner. Ballano sempre con gli occhiali da sole e i loro movimenti si ispirano ai Robot. ABDC moment: Week 1: Love story.
Ma non possiamo dimenticarci dei giudici. JC Chasez, ex cantante degli ‘N Sync e Lil Moma, conosciuta in Italia solo per un terribile duetto con Avril Lavigne, sono sempre stati presenti fin dalla terza stagione. Il terzo giudice è stato sostituito più di una volta. Prima era Shane Sparks, famoso coreografo, poi Omarion, cantante del gruppo B2K sconosciuto in Italia, e quest’anno, con mia grande gioia, è arrivato D-trix, ex membro della Quest crew. I momenti del giudizio è sempre divertente da guardare perché JC ha eternamente il tono di voce del maestrino (e anche l’abbigliamento), Lil Moma porta la voce dello hood, usando frasi come You represent! o I respect that!, vestendosi però da signora “di classe” e D-trix, unico secondo me degno di giudicare veramente il ballo, riesce sempre a far sbellicare dalle risate.
Una riga va scritta anche per il presentatore, Mario Lopez. Se non sapete chi è di sicuro quando vi suonerà un campanello quando vi dirò A.C. Slater di Bayside School. Riuscito in qualche modo a mantenersi uguale a 15 anni fa (quindi un bel vedere), riesce a condurre le danze in modo eccellente e simpatico.
Questa sera ci sarà la finale della sesta stagione tra la IamMe crew e gli Iconic Boyz, in più ci si esibiranno tutti i vincitori delle passate stagioni, insomma una puntata da non perdere. Gli episodi di tutte le stagioni si possono guardare in streaming su mtv.com. So… let’s dance!

giovedì 2 giugno 2011

Referendum del 12-13 giugno 2011. Nucleare, acqua pubblica e legittimo impedimento “for dummies''

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Non ci sono scuse. Nonostante la confusione delle ultime settimane, i quesiti referendari sono TUTTI validi, e i prossimi 12 e 13 giugno siamo TUTTI chiamati alle urne. In quei giorni siete in vacanza? Non me ne frega niente, non solo perché io nel frattempo sarò presa con le bombe a scrivere la tesi e quindi vi odio, ma anche perché – e questo non tutti lo sanno – si può votare fuori sede!
Per farlo bisogna però fare richiesta on-line entro il 5 giugno, fingendosi “rappresentante dei promotori” (ecco qui il modulo). Non so che diavolo sia un rappresentante dei promotori e ho il sospetto che non lo sappia nemmeno chi ha inventato questo termine, ma non ha molta importanza dato che non comporta doveri aggiuntivi per chi lo fa. Purtroppo non è sicuro che riusciate effettivamente a votare fuori sede: ecco qui spiegato il perché, seguito da altri modi di fare richiesta.
La questione “nucleare” è la più incasinata, tra quelle cui siamo chiamate a votare. Cerchiamo di capire cos’è successo negli ultimi tempi e perché si è parlato dell’eliminazione del quesito referendario relativo a questo tema.
In parole povere (poverissime!) per chi si è perso qualche puntata: il governo aveva annunciato una moratoria che avrebbe sospeso per un anno l’individuazione dei siti per costruire le centrali atomiche. Il che sembrava solo un escamotage per non perdere (altri) voti alle amministrative. Poi, però, è arrivato un (apparente) contrordine sul progetto nucleare in toto.
Il testo effettivo poi inserito nel decreto legge omnibus recita infatti così:

"Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare."

Ma anche così:

“Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Consiglio dei ministri adotta la strategia energetica nazionale nella definizione della quale il Consiglio dei ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione Europea e a livello internazionale in materia di scenari energetici e ambientali.”

Queste parole, che sembrano alquanto ambigue, avevano scatenato i dubbi sul referendum, anche se in realtà tanto ambigue non sono: lo stop è solo provvisorio. Tanto per sapere, i famosi “stress test” chiesti dall’UE per misurare la “sicurezza nucleare” stanno iniziando ora, in giugno. E questi rappresenterebbero le “evidenze scientifiche”, le “valutazioni in materia di scenari energetici e ambientali” su cui si baserà la nostra “strategia energetica nazionale”…che non esclude esplicitamente il ricorso all’energia nucleare!
Per fortuna, comunque, lo stesso Presidente del Consiglio ci chiarisce definitivamente le idee (video). Sì, insomma, era solo un trucco per far sì che la gente non vada a votare. Perché il nucleare ora come ora “tira” e il quorum verrebbe raggiunto; perché un secco rifiuto* al nucleare sarebbe un altro colpo all’operato del governo; perché alle urne non si decide solo di nucleare, ma anche di acqua e di legittimo impedimento.

Il decreto legge omnibus è stato fatto poi passare nei giorni scorsi, ricorrendo alla fiducia. MA LA CORTE DI CASSAZIONE HA APPENA DECISO CHE IL QUESITO RIMANE DEFINITIVAMENTE VALIDO. Andrà riformulato, dato che le norme cui si riferisce sono cambiate, ma nell’essenza rimane così com’è.
(Mentre noi sguazziamo in questo pantano di interessi politici e confusione, c’è chi ha le idee più chiare: Germania e Svizzera abbandoneranno definitivamente le centrali, spegnendo quelle che si possono già spegnere e aspettando la fine del ciclo di vita delle altre, per poi smantellarle.)

Oltre al quesito sul nucleare, però, ci si dimentica che ce ne sono altri tre: a parte quello per abrogare la norma del cosiddetto “legittimo impedimento”, che risulta comprensibile più o meno a tutti (e riassumibile in: siete d’accordo con il cancellare la norma che dà al presidente del consiglio e agli altri ministri la possibilità di non presentarsi in aula quando imputati in processi penali?), ebbene, pochi sanno cosa riguardano esattamente gli altri due, se non genericamente “l’acqua pubblica”.
Siccome non parlo il sumero antico (ma non si potrebbe scrivere i quesiti in Italiano?) il sito del comitato referendario per l’acqua bene comune mi ha dato una mano a capire di che si parla in pratica:
Il primo quesito sull’acqua riguarda le “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”, che apre la strada alla privatizzazione dei servizi idrici, e non solo. In pratica la norma di cui si discute l’abrogazione stabilisce un piano graduale per passare dalla gestione totalmente pubblica a una gestione mista e progressivamente sbilanciata dalla parte privata, riducendo la partecipazione pubblica al 30% delle azioni nel 2015.
Il secondo quesito sull’ acqua propone invece un’abrogazione parziale della norma che determina “la tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito”, che asfalta la strada di cui prima determinando cioè che il prezzo dell’acqua non venga stabilito esclusivamente in base a considerazioni sociali e di bene comune, ma anche per “remunerare adeguatamente” il beneficiario della privatizzazione, come se fosse un investimento come gli altri. Questo vorrebbe dire aggiungere un 7% di profitti al prezzo dell’oro blu.

Fin qui ci siete? Bene. Ora, ricordatevi che CIASCUNA delle 4 domande cui sarete chiamati a rispondere per questo referendum è abrogativa. Il che significa che se scegliete di votare SI, le leggi in questione verranno abolite (ovviamente a patto che sia stato raggiunto il quorum, cioè che almeno metà di coloro che possono votare + 1, lo abbiano fatto) e si proverà a proporne di nuove. Di contro, votando NO scegliete di lasciare le cose come stanno (la legge rimane com’è e potrà produrre effetti).
Se NON volete che una cosa sia fatta, dovrete rispondere/votare SI.
Se volete che si proceda lungo una strada già intrapresa, dovrete rispondere/votare NO.
So che è scemo, ma è così. Dobbiamo ragionare all’inverso.
Quindi, messa proprio ai minimi termini:
2 SI perché l’acqua rimanga pubblica, 2 NO a favore della privatizzazione.
SI per fermare il nucleare, NO per mantenerlo.
SI per la decadenza del legittimo impedimento, NO se invece lo volete.
(Se non l’avete capito così, avete cose più importanti di cui preoccuparvi.)

I seggi saranno aperti domenica 12 giugno dalle ore 8 alle ore 22 e lunedì 13 giugno dalle ore 7 alle 15.

A me non importa che siate pro o contro l’energia nucleare, pro o contro le inefficienze (da una parte) e le considerazioni sociali (dall’altra) circa una gestione pubblica dell’acqua, pro o contro un presidente del consiglio molto… ehm… impegnato. L’importante è che non vi facciate scappare una delle poche occasioni che abbiamo per decidere direttamente di cose che ci riguardano da vicino.
Ed ancora più importante è che convinciate la gente ad andare a votare… ma non solo la gente che la pensa come voi! Anche se è per il no a tutti i quesiti, una persona in più può permettere di raggiungere il quorum.
Io e una collega di questo blog siamo addirittura andate alla Sagra della Bondola di Torrebelvicino a ricordare a tutti i paesani il referendum. Voi che avete fatto?

* In Sardegna, in concomitanza con le amministrative, è stata fatta una “prova” del quesito sull’atomo: un referendum consultivo, che ha visto il 97% della popolazione opporsi alle centrali e alle scorie. Il quorum, anche se ridotto a un terzo degli aventi diritto, è stato superato alla grande, con un’affluenza del 60% circa.
 
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