mercoledì 8 giugno 2011

Referendum 12-13 giugno, ovvero di cose serie.

Diario semiserio di una quasi-politica

Del referendum...
Sono settimane che lavoro sul referendum: riunioni, volantinaggi, iniziative, banchetti. Con inaspettato senso civico le persone sembrano essersi risvegliate dal loro consueto torpore e partecipano con entusiasmo, creando ulteriori eventi e stimolando l'attività dei partiti e dei comitati promotori delle votazioni. Non riesco più nemmeno a fare il conto dei ragazzi che, da fuori sede, mi hanno chiesto come fare per votare e si sono fatti iscrivere negli elenchi dei rappresentanti di lista facendosi spedire da casa la tessera elettorale. Ho spiegato la procedura fino allo sfinimento, ma è stata una grande soddisfazione, così com'è una grande soddisfazione quando sono le persone a venire a chiedere brochure e volantini ai banchetti e non tu ad inseguirli vedendoli sgusciare via come si fugge da un lebbroso. E la campagna continua sul web, perché la tv ed i giornali ne parlano poco, troppo poco, dando spesso informazioni errate. La gente però questa volta non si fa fregare: la posta in gioco è troppo alta e non si tratta, come spesso accade di cose che sono sentite come lontane ed appartenenti a sfere dell'esistenza che non ci riguardano. Ci sono però dei casi limite che forniscono tutti i giorni uno spunto d'inattesa ilarità per il volantinatore coatto. E dato che la sottoscritta fa del riso la sua bandiera, perché non condividere questo amaro buon umore con voi?
Sabato pomeriggio, centro città, banchetto per i 4 Si al referendum. Sono in piedi ormai da due ore e la stanchezza alle gambe si fa sentire. Non mi annoio, ma vorrei allontanarmi per andare a strafogarmi di jogurt gelato con la frutta: l'impresa è ardua perché il banchetto è molto frequentato e non ci sono "momenti di fiacca" di cui approfittare per darsi alla macchia. A pochi centimetri di distanza stazionano altri tre ragazzi, promoter di una piscina, con cui ci vediamo ormai da diversi sabati. Ad un certo punto la ragazza più giovane mi si avvicina.
"Hai un momento?"
"Certo" le rispondo. "Vorrei farti una domanda sul referendum, visto che mi sembri dentro le cose" (Beh...direi...sono qui a far radici da un pò...). "Dunque... mi chiedevo... ma perché voi siete contro il nucleare? Insomma, la bolletta scenderebbe e la mia bolletta è molto cara. In un periodo in cui va male per tutti non sarebbe meglio pensare ad abbassare i costi per le famiglie?" Inquadro il soggetto: ragazza che non s'interessa di nessuna tematica legata all'interesse comune, attenta se mai solo al suo orticello. Tento l'approccio tecnico spiegandole che la realizzazione delle centrali costa e che prima che il costo di realizzazione sia ammortizzato le bollette non scenderanno di sicuro. Le spiego che anche la gestione ha un costo, soprattutto per un paese che dovrebbe comunque importare materie prime dall'estero e che non ha le forze necessarie per lo smaltimento dei residui in sicurezza (e che dunque anche qui ricorrerebbe all'aiuto di un paese estero che, giustamente, non si beccherebbe le scorie a gratis). Le spiego che ci sono molte altre fonti energetiche rinnovabili in grado, in un paese ricco di sole come il nostro, ad esempio, o di siti utili per il geotermico, di far fronte alle nostre esigenze senza con questo ricorrere a strumenti il cui controllo e manutenzione sono onerosi e, avanzo la supposizione, non del tutto sicuri in un'Italia, si sa, spesso dedita al "ma si...finché la barca va, lasciala andare...". Annuisce ma continua imperterrita a sostenere che la sua bolletta è troppo alta e che "così non va", meglio provare la strada del nucleare. Votare non serve, sostiene, tanto poi i "politici" fanno comunque quello che vogliono. Tento di spiegarle che non è proprio così. Che se c'è un'espressione di volontà popolare questa è vincolante e che, ad esempio, non è che abbiamo la Repubblica e non la monarchia in base all'aria che tira o al politico di turno. Non mi segue, lo vedo chiaramente. Tento il tutto per tutto con la carta "politico che si rivolge alle pance della gente" e la butto sull'emotivo: "Ma insomma...tu la vorresti una centrale qui a Parma?" . Mi guarda con due occhi enormi e scuote la testa "Ma no, assolutamente! Ma avevano detto che la facevano a Modena!!!". A quel punto scuoto io la testa. Non ho altre carte. Non voglio nemmeno provare a chiederle se sa che, se succedesse qualcosa alla centrale "a Modena" moriremmo tutti nel giro di poco, molto poco. Non le chiedo nemmeno se non pensa che sia semplicistico far venire un accidente ai vicini di casa pur di avere qualche euro in meno in bolletta. Non le chiedo nemmeno se le sembra sensato piazzare una centrale, che in tutti gli altri paesi viene collocata in aree di rapida e facile evacuazione, nella zona più popolosa e fittamente urbanizzata d'Italia. Non le chiedo nulla, perché sarebbe una battaglia persa e sto perdendo tempo. Torno a dare via i miei volantini ridendo di un riso amaro. 57 chilometri, per qualcuno, fanno la differenza.
INFORMIAMO, DIFFONDIAMO, DISCUTIAMO, come fra l'altro ha già fatto, in modo preciso e puntuale, Scimmia Gialla su queste pagine. Perché di questo qualunquismo l'Italia non ha bisogno.

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